
(Gomorra)
Regia: Matteo Garrone
Produzione: Italia
Anno: 2008
Genere: Criminalità organizzata
Le cinque storie sono solo esempi, squarci di uno stesso mondo squallidamente disperato, da cui solo pochi fortunati riescono a fuggire da vivi, e grazie a un racconto che allo stesso tempo riesce a non imporre un punto di vista ma mantiene un occhio compassionevole per le vittime più o meno consapevoli, grazie a questo sguardo umano e senza retorica le miserie e le tragedie trovano il modo di colpire anche le coscienze più anestetizzate.
Allo stesso tempo rimane finzione letteralmente spacciata per realtà, buttata lì in maniera apparentemente casuale, emozionalmente gelida ma capace di scuoterci e proiettarci sempre al centro di tutto questo degrado, tutta questa desolazione e violenza, direttamente nel mondo della normalità del male, in cui non trova spazio nemmeno la speranza perché non esiste “altro” a cui poter tendere la mano, senza che così possa essere mai sciolta l’ambiguità degli occhi che questo mondo lo osservano e raccontano.
Da vedere (per uno sguardo finalmente diverso sul “bel paese”)
Nota finale: dopo una nuova visione e dopo aver recuperato quasi tutti i film di Garrone, ho rivisto/corretto in chiave ancor più positiva il giudizio complessivo. Come sempre, una seconda visione a un po' di distanza dalla prima, e l'approfondimento dell'autore, si rivelano fondamentali.
Etichette: Camorra, Napoli, Roberto Saviano, Toni Servillo

At 6/08/2008 08:00:00 PM, Martin
Sicuramente un bel film e ancor di più un grande passo avanti per il cinema italiano ma, come spesso accade, ho trovato eccessiva l'enfasi con cui viene trattato.
Cinematograficamente parlando il film qualche difetto ce l'ha e occorre esserne consapevoli.
Ma d'altronde per questo film si è scomodata la parola "capolavoro" negli stessi "circoli cinefili" dove vengono proclamati capolavori almeno due film al mese.
E questo penso che la dica lunga...
At 6/09/2008 04:06:00 AM, Luciano
L'enfasi del momento deve essere compresa perché l'infatuazione del momento non sempre diventa amore. Solo il tempo può "attaccare" le etichette, ma l'entusiasmo come la delusione (e le strocature) sono emozioni come altre e sui blog ci possono anche stare proprio per la loro caratteristica vitalità. A me è capitato spesso (dopo ulteriori visioni) di rivedere in positivo o in negativo precedenti giudizi.
At 6/09/2008 11:27:00 PM, Martin
In genere non amo gli eccessi è vero ed è anche vero che i film brutti sono spesso anche quelli di cui si parla meno.
Così come spesso le stroncature sono relative a film di grandi autori e in questi casi di solito la critica si spacca in due.
Ma non è questo il punto.
Se mettessimo in ordine tutti i film mai fatti otterremmo una piramide con in basso la maggioranza di film brutti e in alto i cosiddetti "capolavori".
Questa è solo una rozza e schematica rappresentazione per rendere l'idea che di film orridi da stroncare ce sarebbero decine ogni mese.
Ma quello che trovo assurdo è che continuamente dei semplici buoni film siano trattati da assoluti pezzi da novanta.
Personalmente faccio fatica a trovarne uno all'anno di capolavoro mentre altrove ogni mese si hanno due o tre film da storia del cinema.
Spero che ora di aver chiarito meglio il concetto, mi rendo conto che certi discorsi sono davvero difficili da sintetizzare in poche parole.
At 6/18/2008 10:29:00 AM, Christian
Ora che l'ho finalmente visto, direi che sono d'accordo con le tue parole (anche se ho l'impressione che a me sia piaciuto un po' più che a te). Però non concordo quando dici che nel film è completamente assente la speranza. Mi sembra che i personaggi di Pasquale (il sarto che alla fine, capita la lezione, abbandona quel mondo per farsi una nuova vita altrove) e soprattutto di Roberto (l'assistente di Servillo: l'unico, in tutta la pellicola, che prende coscienza di cosa sia il mondo con cui ha che fare e che sceglie di non volerne fare parte) un pizzico di speranza ce la immettono. Certo, poca rispetto alla visione globale, ma un pizzico sì. Ciao!
At 6/18/2008 11:51:00 AM, Martin
Anch'io avevo pensato a quei due personaggi come possibili segnali di speranza.
Ma alla fine al sarto non rimane che la "fuga", simboleggiata anche dal camion, se non dal proprio mondo geografico di sicuro da quello professionale, in cui era veramente un maestro. Brutta fine secondo me.
Nel caso dell'assistente che "lascia" l'assenza di speranza è ancora più angosciante perchè, se è vero che è possibile la presa di coscienza individuale, viene fatto intendere che ce ne sono cento pronti a prendere il suo posto.
Aggiacciante conclusione.
Naturalmente concordo. Un film straordinario che mi riconcilia (in parte) con il cinema italiano di questi ultimi anni. Speriamo che si ricominci a vedere film di qualità, ma soprattuttto coraggiosi.